L’Archivio Filiberto Sbardella: memoria partigiana e cultura architettonica per il presente

L'iniziativa custodisce e valorizza l’eredità del partigiano, architetto e intellettuale di “Bandiera Rossa”, unendo memoria della Resistenza e cultura progettuale. Mostre, ristampe e iniziative divulgative rendono viva la sua testimonianza di giustizia sociale e bellezza.

L’Archivio Filiberto Sbardella: memoria partigiana e cultura architettonica per il presente
Congresso Cgil 1955: Giuseppe Di Vittorio (in piedi), Sbardella (seduto in primo piano)
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18 Settembre 2025 - 09.00


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di Marco Brocchieri

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Filiberto Sbardella (Palestrina, 30 ottobre 1909 – Roma, 28 dicembre 1983) è stato una figura complessa e appassionata del Novecento italiano: partigiano nelle file del Movimento Comunista d’Italia (meglio noto come “Bandiera Rossa” dal nome del suo giornale) durante la Resistenza, militante politico nel dopoguerra, ma anche architetto e intellettuale capace di coniugare rigore e creatività. La sua vita si muove lungo il crinale tra impegno civile e ricerca artistica, lasciando in eredità una testimonianza che parla ancora oggi di libertà, giustizia sociale e bellezza.

A mantenerne viva la memoria è nato l’Archivio Filiberto Sbardella, un progetto promosso da Pasquale Biagio Cicirelli e Claudio Gatti, che si propone non solo di custodire documenti e scritti, ma anche di valorizzare l’opera politica e culturale di Sbardella, rendendola accessibile a nuove generazioni di cittadini e studiosi. L’iniziativa si colloca in un solco di memoria attiva, capace di unire il ricordo della lotta partigiana con la divulgazione del contributo di Sbardella all’architettura e alla progettazione urbana.

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Un passo importante in questa direzione è stata la recente ristampa anastatica di “I nostri martiri. L’omaggio del Movimento Comunista d’Italia alle vittime delle Fosse Ardeatine”, un testo scritto da Sbardella pochi mesi dopo l’eccidio del 1944 e riproposto oggi con la prefazione di Marco Trasciani, autore di “Una Resistenza Popolare. Storia di Bandiera Rossa a Roma”, e la postfazione di Chiara Ponzo, presidente della Sezione ANPI di Palestrina. Il volume è un documento prezioso per comprendere la memoria immediata di uno dei crimini più atroci del nazifascismo e il ruolo che la Resistenza ebbe nella costruzione di un’Italia democratica.

Accanto alla pubblicazione, l’Archivio propone nuove occasioni di incontro con la storia e con l’eredità culturale di Sbardella: dal 26 settembre sarà visitabile presso la Biblioteca Comunale di Ariccia un percorso espositivo, intitolato “La terra è di chi la coltiva” che ne ripercorre le vicende biografiche, politiche e artistiche, inserendole in una prospettiva di riflessione nazionale sulla memoria e sulle forme della partecipazione civile.

Per approfondire il progetto, abbiamo rivolto alcune domande a Pasquale Biagio Cicirelli e Claudio Gatti, curatori dell’Archivio Filiberto Sbardella e protagonisti di questa riscoperta.

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Come nasce l’idea dell’Archivio Filiberto Sbardella e quali sono i suoi obiettivi principali, tra memoria partigiana e valorizzazione dell’opera architettonica?

L’Archivio nasce nel 2019, con una duplice finalità: da una parte il desiderio di ricerca e salvaguardia del patrimonio documentale, intellettuale ed artistico di Filiberto Sbardella, mediamente conosciuto dagli “addetti ai lavori”,  ma non al pubblico in genere; dall’altra la volontà di proporre un progetto espositivo che possa testimoniare la straordinaria ricchezza umana e culturale di questo maestro del ‘900. Figura centrale nel suo tempo, ma mai alla ribalta, Sbardella è stato comandante partigiano, pittore, scultore, mosaicista e architetto: un intellettuale profondamente connesso con la sua epoca, in stretto contatto – non solo in seno alle sue attività – con Giò Ponti, Mario Sironi, Renato Guttuso, Sandro Pertini, Giuseppe Di Vittorio e tanti altri “compagni” di vita e di fede politica.
L’Archivio e il progetto espositivo itinerante nascono e si sviluppano dal lavoro comune di Pasquale B. Cicirelli e Claudio Gatti. Quest’ultimo, tramite i propri genitori, conobbe personalmente Sbardella, rimanendone influenzato dal carisma e dalla genialità, arrivando a definirlo suo “mentore” nell’attività di Architetto. Claudio infatti, diversi anni fa, ricevette dalla stessa vedova Sbardella – Carla De Benedetti – buona parte dell’Archivio dello studio di architettura di Filiberto, corredato da foto e progetti delle opere eseguite tra il 1955 e il 1980. L’Archivio nel tempo, grazie alle ricerche e al reperimento di materiale documentale di ogni tipo (artistico, storico, politico) proveniente da Istituzioni, Enti, Università e Fondazioni, è divenuto ricchissimo. Nel prossimo futuro saranno infatti pianificate attività di conservazione, catalogazione e digitalizzazione del materiale e degli apparati iconografici in possesso, e di divulgazione e valorizzazione – mediante piattaforme digitali, social network, il consolidato progetto espositivo itinerante, eventi culturali di vario genere, e pubblicazioni – dell’opera artistica (1928-1960) e architettonica (1950-1983) di Sbardella. Il suo pensiero – caratterizzato sia durante il fascismo che durante gli anni democratico-repubblicani dalla costante fede nella giustizia sociale e nel rispetto dei diritti degli “ultimi” – lo ritroviamo espresso non soltanto nella sua attività di partigiano durante la resistenza romana, ma anche nei suoi quadri, quando dipinge contadini e operai, e nelle sue opere architettoniche, come nel caso della Scuola-Villaggio sindacale, unica in Europa, progettata ad Ariccia per la Cgil. Non è un caso infatti, che nei primi anni ‘50 oltre ad essere Commissario della Camera del Lavoro di Roma, Sbardella fosse nella delegazione italiana – assieme a Melograni, Zevi, Piccinato, ecc. – al Congresso dell’Unione Internazionale Architetti a Mosca.

Scuola Sindacale Cgil di Ariccia (progetto architettonico: F. Sbardella, anni ‘60)

La ristampa di “I nostri martiri” è un gesto che parla non solo agli storici ma anche al pubblico più ampio. In che modo questo testo può ancora oggi dialogare con la coscienza civile del Paese?

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“I nostri martiri” fu scritto da Filiberto Sbardella come dovere assoluto di una promessa storica; questo scritto nasce dolorosamente nel fuoco dell’imperdonabile assassinio Nazifascista, pochi mesi dopo l’eccidio delle Fosse Ardeatine, in un momento in cui la memoria non era ancora retorica ma ferita aperta. In quelle pagine non c’è solo la condanna dell’immane crimine organizzato, premeditato ed eseguito dai Nazifascisti, ma anche la volontà di divulgare, mostrare e dimostrare la verità di un evento attraverso i veri protagonisti, gli “ultimi”, e attraverso i loro scritti, ad un passo dalla morte. Quindi un richiamo forte alla responsabilità civile, che Sbardella porterà avanti per tutta la vita, anche come urbanista-architetto.

Crediamo che questo testo oggi possa tornare a parlare ad una generazione che spesso si confronta con una memoria spenta e a volte strumentalizzata. Sbardella non celebrava i caduti, li restituiva al presente come esempio diretto da toccare con mano, mediante i loro pensieri e sentimenti deposti sulla carta e destinati ai propri cari. In questo, il suo sguardo era simile a quello di tanti suoi compagni, come ad esempio quello di Sandro Pertini, che non separava mai memoria e azione. Bandiera Rossa ebbe il maggior numero di morti ammazzati alle Fosse Ardeatine, quindi ristampare oggi questo libro – con contributi contemporanei come la prefazione di Marco Trasciani e la postfazione di Chiara Ponzo – è un gesto che vuole rilanciare e sollecitare quel dialogo con la memoria storica e la verità civile del Paese.

Nel vostro lavoro di ricerca, qual è stata la scoperta o il documento che più vi ha colpito di Sbardella e che credete possa dire qualcosa di significativo al presente?

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Tra i molti materiali raccolti, ci ha profondamente colpito un articolo pubblicato nel 1946 sulla rivista Techne,  in cui Filiberto Sbardella affermava con forza l’importanza di una cultura popolare e “proletaria”. Scriveva:

È necessario formare gli attivisti della cultura, la cultura non può essere emanazione dall’alto ma deve nascere dalla vita, i libri non devono più essere il mezzo di pochi ma debbono essere letti da tutti, la scuola deve essere aperta a tutti e non deve servire più a nutrire solo chi può permettersi il lusso di pagare, la cultura oggi deve trarre le sue origini non dall’aristocrazia ma dalla grande massa dell’umanità.”

La giustizia sociale si realizza attraverso la cultura, che è patrimonio della “massa dell’umanità” superando qualsiasi limitazione, anche quando si parla di cultura prettamente “proletaria”, perché il vero fine è il “tutti” come intera società civile, purché non contaminata da privilegi ed esclusioni. Questa riflessione testimonia il profondo impegno di Sbardella, il quale attraverso l’arte e l’architettura, esprime il più alto concetto politico universale di costruzione di una società democratica giusta, attraverso l’accesso alla cultura come strumento di emancipazione e dignità collettiva.

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Da qui la profonda amicizia, come già detto, con Giuseppe di Vittorio, Renato Guttuso e Sandro Pertini come anche la sua stretta rete di relazioni artistiche, di architetto ed intellettuale, con Giò Ponti, Mario Sironi, Bruno Zevi, Carlo Lizzani, Giuseppe De Santis, Mario Nascimbene e tanti altri, dimostra concretamente come Sbardella abbia vissuto questi valori in prima persona, intrecciando relazioni basate su ideali condivisi che ancora oggi rappresentano un modello da studiare, di coscienza civile.

La mostra che aprirà il 26 settembre alla Biblioteca Comunale di Ariccia rappresenta un momento importante di divulgazione. Quali contenuti e percorsi espositivi avete scelto di proporre ai visitatori?

La tappa di Ariccia rappresenta un nuovo capitolo del Progetto espositivo itinerante “La terra è di chi la coltiva”, che da 5 anni stiamo promuovendo in giro per l’Italia, con l’obiettivo di far conoscere la figura di Filiberto Sbardella a pubblici diversi, anche al di fuori dei circuiti accademici o militanti. Il nome deriva dal titolo di un quadro a carboncino su carta da pacchi, che ha per soggetto una contadina, e che Filiberto donò con dedica a Cesare Gatti (il padre di Claudio), suo intimo amico e compagno. Un quadro assolutamente simile, anch’esso con dedica, fu donato da Sbardella a Sandro Pertini, con soggetto una risaia, oggi esposto proprio nel Museo Pertini di Savona. E pensate, la stessa moglie di Pertini fu testimone di nozze al matrimonio di Sbardella con Carla De Bendetti, compagna nonché insostituibile braccio destro nella gestione dello studio romano a Villa Borghese.

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Il progetto espositivo, dopo aver toccato varie città, arriva ora alla Biblioteca Comunale di Ariccia, dal 26.09 al 12.10, con il patrocinio della Città e di altre prestigiose istituzioni locali, con una mostra ed allestimento rinnovati e pensati appositamente per dialogare con il territorio dei Castelli Romani, al quale Sbardella era profondamente legato, attraverso anche la presentazione dei progetti e foto della Scuola-villaggio sindacale della Cgil che lo stesso Sbardella realizzò negli anni ‘60 su questo territorio. La mostra si articola in tre sezioni principali: la biografia, l’opera architettonica ad Ariccia e a Chianciano Terme (Centro polisportivo Comunale), l’attività politica. Accanto a documenti originali, lettere, progetti e fotografie, abbiamo voluto includere anche una piccola sezione dedicata alle relazioni umane e intellettuali alle quali Sbardella teneva. Segnaliamo inoltre che il 3 ottobre alle ore 16.00, presso il la Sala Bariatinsky del Museo del Barocco di Palazzo Chigi, si terrà una performance artistica (ingresso gratuito) dell’attore Gabriele Zedde, che attraverso il linguaggio teatrale darà voce e corpo all’uomo Filiberto Sbardella, offrendo un ulteriore momento di coinvolgimento e riflessione culturale per il pubblico. L’obiettivo non è solo raccontare una vita, ma attivare uno sguardo critico sul presente, mostrando come la memoria partigiana e il pensiero progettuale possano ancora oggi generare strumenti di lettura e di trasformazione della realtà.

Quali saranno i prossimi passi dell’Archivio Filiberto Sbardella e in che direzione pensate di svilupparne le attività nei prossimi anni?

L’Archivio vuole crescere come patrimonio culturale-artistico-storico di “tutti”, memoria attiva anche con laboratori didattici e di ricerca. I prossimi passi riguardano soprattutto la catalogazione digitale di quanto già in possesso, l’importazione di altro materiale individuato, che deve essere reperito e scansionato, e la successiva apertura online del fondo, per permettere a studiosi, ricercatori, studenti e cittadini di accedere più facilmente ai materiali, pur proseguendo con le attività pubbliche (presentazioni, laboratori, seminari e mostre). Ad oggi il progetto espositivo itinerante ha già riscosso successo in diverse città come Roma, Pomezia, Guidonia Montecelio, Palestrina, Latina e San Pellegrino Terme, Cervia; esso deve continuare ad essere uno strumento divulgativo della figura artistica di Filiberto Sbardella nei diversi contesti territoriali, valorizzandone la portata nazionale e dialogando con pubblici differenti.

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Infatti, abbiamo già avviato proficue collaborazioni con scuole superiori e università, coinvolgendo studenti e docenti in percorsi di approfondimento, ricerca e attività didattiche, perché crediamo che la memoria e la cultura si costruiscano soprattutto attraverso l’educazione e il confronto diretto con le nuove generazioni.

Un altro importante passo è stata la registrazione del marchio “Filiberto Sbardella”, che ci permette di tutelare e valorizzare in modo più efficace l’identità e l’eredità culturale legata al suo nome, garantendo un uso corretto e consapevole in tutte le iniziative promosse dall’Archivio.
Stiamo inoltre lavorando alla costituzione di una omonima Associazione Culturale, che vorremmo diventi un punto di riferimento stabile e partecipato per tutte le iniziative di ricerca e promozione culturale legate alla sua figura. In prospettiva, ci piacerebbe lavorare su più fronti, a livello locale, nazionale ed internazionale, con scuole e Università, e continuare a collaborare a progetti didattici di ricerca e borse di studio con enti, istituzioni pubbliche e private. Pensiamo ad un archivio che non si limita a custodire, ma che stimola, connette, ispira. In fondo, è ciò che Sbardella stesso ha fatto per tutta la sua vita: creare legami con altri per diffondere idee, principi, e coltivare un futuro di giustizia.
Per chi volesse approfondire, sono inoltre disponibili ulteriori informazioni, documenti e aggiornamenti sulle attività attraverso il sito web ufficiale dell’Archivio Filiberto Sbardella e la relativa pagina Facebook, strumenti fondamentali per mantenere viva la memoria e ampliare il dialogo con il pubblico.

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