Scurati, quando i romanzi fanno parlare i fatti

Con il quinto volume 'M. La fine e il principio', si chiude il poderoso lavoro dello scrittore. Un'opera storiograficamente attendibilissima.

Scurati, quando i romanzi fanno parlare i fatti
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Marcello Flores Modifica articolo

24 Aprile 2025 - 08.31 Culture


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Con il quinto volume del suo poderoso romanzo su Mussolini – M. La fine e il principio – Antonio Scurati ci ha consegnato una delle opere letterarie, ma non solo, più importanti di questo secolo. Un’opera destinata a rimanere, un romanzo che è stato letto e sarà letto da centinaia di migliaia di persone, la cui trasposizione televisiva ha avuto e avrà milioni di spettatori.

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Sgombriamo subito il campo da un equivoco creato appositamente e maliziosamente da numerosi storici, fin dal primo volume e che ha accompagnato la pubblicazione anche dei successivi, fino a quest’ultimo: l’opera di Scurati è storiograficamente attendibilissima, coerente e documentata, capace di affiancare a una narrazione vivace e ricca, affascinante e immaginifica, la realtà dura e incontrovertibile dei fatti, della storia, delle testimonianze, delle citazioni. L’accusa di mancare di profondità storica, basata su pochissimi riferimenti forse errati o ambiguamente descritti, di fatti e questioni minori e insignificanti (ma non per gli accademici-professionisti della storia per i quali le note sono la cosa principale di un libro di storia), è del tutto erronea e fuorviante.

Il fatto è che nel suo romanzo Scurati ha optato, accanto al racconto incalzante di Mussolini e dei suoi sodali, con il controcanto saltuario di alcune nobili figure che l’hanno contrastato, per una interpretazione forte del fascismo, che è presente fin dal primo volume e che consiste, detto schematicamente, nel ruolo avvolgente e totalizzante della violenza, che Mussolini riesce a dominare attraverso un uso furbo della politica come gioco di potere, di immagine, di interessi da conciliare, e una capacità di linguaggio nuovo, populista e demagogico, adatto a una società in crisi come quella del dopoguerra.

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Anche in questo volume Scurati mantiene la capacità di far parlare i fatti, i documenti, le parole ufficiali, innestando nel loro racconto, sempre sorretto da una scrittura felice e avvincente, i pensieri e le emozioni dei protagonisti e dando vita così a un’ulteriore testimonianza di quella invenzione narrativa – molto più di un semplice «romanzo storico» – che ha iniziato ormai sei anni fa e non si è ancora conclusa.

Ci si poteva aspettare che giunto al quinto volume il romanzo su Mussolini di Scurati non riuscisse più a mantenere quella forza, originalità, inventiva narrativa, rigoroso rispetto della storia che avevano caratterizzato i primi volumi, facendone un’opera innovativa e fondamentale, grazie a cui la conoscenza e comprensione del fascismo ha potuto fare un salto «di quantità», oltre che di qualità, impensabile prima della loro pubblicazione. E invece anche questo volume, con cadenze diverse dai primi, centra in pieno l’obiettivo, di offrire una leggibile, quasi affascinante ricostruzione storica che la sapienza narrativa riempie di quella sostanza psicologica che solo nei romanzi e non nei libri di storia è possibile ritrovare.

Che nei ventuno mesi che vanno dal 25 luglio 1943 al 25 aprile 1945 non vi sia una presenza diretta della Resistenza, ma solo tracce indirette legate soprattutto alla ferocia della repressione e delle rappresaglie delle forze nazifasciste, la dice lunga sulle capacità di scrittore di Scurati, che mantiene fede all’impegno di raccontarci Mussolini e il suo mondo, non di fare una storia d’Italia degli anni che ha vissuto. E qui abbiamo la conferma, nell’isolamento, nell’incapacità di affrontare il presente e il passato in cui vive il Mussolini della Repubblica sociale, della continuità del suo percorso, dei risultati quasi inevitabili rispetto alle premesse raccontate nel primo volume.

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Scurati ci permette di celebrare l’80° della Liberazione, questo 25 aprile così segnato da vicende internazionali e nazionali preoccupanti, con un invito a guardare la Resistenza come caduta, crollo e sconfitta del fascismo, la cui storia ed essenza ancora non è stata del tutto capita e metabolizzata da un’opinione pubblica in bilico tra l’amnesia e la voglia di rivivere gli aspri conflitti – questa volta sul terreno ideologico, non militare e quotidiano – di allora; e ancora incapace di comprendere, di estendere all’intero ventennio del fascismo un’ottica radicalmente democratica, in cui i valori e gli ideali di libertà costituivano l’unica alternativa vera e possibile, e finalmente vincente poi con la Liberazione e la Costituzione.

In quasi un decennio in cui gli studi sul fascismo, dalle origini alla sconfitta della RSI, sono stati numerosissimi e spesso originali e innovativi, i volumi di Scurati (M. Il figlio del secolo, M. L’uomo della provvidenza, M. Gli ultimi giorno d’Europa, M. L’ora del destino, M. La fine e il principio) hanno permesso a un pubblico sempre più ampio di avvicinarsi ai risultati ottenuti da quella storiografia ma con la freschezza avvincente di un romanzo impostato in modo del tutto nuovo e originale, capace di entrare con più profondità nella mente e nei sentimenti dei lettori, nelle loro emozioni e nei loro ragionamenti.

Di tutto questo non possiamo che ringraziare Scurati, sperando che non faccia velo a un giudizio onesto e disincantato – e che per me non può che essere nobilissimo e altamente positivo – il suo successo editoriale: questa volta del tutto meritato e sintomo forse di una fase nuova in cui la storia può essere presente nelle nostre vite non solo attraverso studi e saggi, ma con le grandi narrazioni che hanno sempre prevalso già nel secolo passato, quelle degli scrittori e degli autori di romanzi e film indimenticabili.

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