Stefano Stefani, medico e intellettuale di Tivoli: unì scienza e umanesimo nel difficile contesto tra le due guerre

A Tivoli Stefani abitò dunque per gran parte della sua vita professionale e affettiva, lasciando una vera e propria eredità culturale che si è poi inverata nella professione medica del figlio e di due suoi nipoti

Stefano Stefani, medico e intellettuale di Tivoli: unì scienza e umanesimo nel difficile contesto tra le due guerre
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17 Settembre 2025 - 18.58


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di Cinzia Mescolini

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Nell’incessante scorrere di vite che animano una città, se ne distinguono talvolta alcune da sottrarre all’oblio del tempo per l’incisività del loro contributo umano e intellettuale. Ridefinirne i contorni perché rimangano vivide nella memoria appare allora un atto dovuto, necessario alle generazioni presenti quanto alle future. Così accade per il professore Stefano Stefani, nato in provincia di Ancona nel 1880 e scomparso nel 1968, la cui opera, che si snoda tra le due guerre, si lega indissolubilmente alla città di Tivoli dove visse a lungo, svolgendo per anni la professione medica come aiuto del prof. Giovanni Mingazzini, primario della clinica neurologica di Roma.

A Tivoli Stefani abitò dunque per gran parte della sua vita professionale e affettiva, lasciando una vera e propria eredità culturale che si è poi inverata nella professione medica del figlio e di due suoi nipoti, ma anche nell’operato sul territorio degli altri discendenti. Ricordato come un uomo taciturno e riservato dai suoi famigliari, Stefano Stefani ha infatti rappresentato, nel contesto affettivo e professionale in cui si è mosso, una figura carismatica il cui lascito risiede certamente in uno sguardo sul mondo reso profondo dalla sua humanitas. Quest’ultima si manifestò proprio nella costanze attenzione al prossimo, fondamento stesso della relazione medico-paziente, dove quest’ultimo – in una concezione integrata di corpo e mente – è sempre considerato nella sue interezza e complessità.

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A questo argomento, che sollecitò sempre il suo interesse, dedicò alcuni scritti, tra cui “Dell’atteggiamento mentale del medico in presenza del suo malato” e “La valutazione psichica del malato”. Tale approccio, che sicuramente aveva origine in una sensibilità connaturata, si era poi ulteriormente definito alla luce di una profonda fede religiosa, nonché di in una solida formazione umanistica  – si laureò in Letteratura e Filosofia, padroneggiava il latino e il greco ma anche l’inglese, il francese e lo spagnolo – e scientifica, con il conseguimento della laurea in Medicina e della specializzazione in Neurologia. 

Una profondità di prospettiva resa dunque possibili dalla combinazione delle “due culture”, come ebbe a definirle Charles Percy Snow nel 1959,  il quale, denunciando proprio la consueta incomunicabilità tra ricerca scientifica e sapere umanistico, sottolineava invece la forza derivante dalla contaminazione dei due ambiti. Fu certamente questo approccio di ampio respiro a determinarne la libertà interiore che  guidò alcune scelte coraggiose, come quella di lasciare la carriera accademica in cui si stava facendo strada nell’ambito della Neurologia quando gli fu chiesto di sottoscrivere la tessera del partito fascista.

Quella stessa libertà interiore che lo portò, al contempo, a considerare un faro per i suoi studi il prof. Giovanni Mingazzini, figura di spicco nei nascenti studi di Psichiatria e di Neurologia, sebbene quest’ultimo avesse aderito fin da subito al regime, senza esitazioni e senza riserve. Stefani scrisse e pubblicò moltissimo in diversi ambiti, da quello divulgativo alla ricerca accademica, mantenendo l’eclettismo e un costante approccio pluridisciplinare che ne contraddistinse sempre gli interessi e gli studi. L’ambito che appare oggi di grande interesse è quello delle biografie psicologiche.

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Sull’onda degli studi di Cesare Lombroso, Stefani infatti pubblicò profili di artisti e uomini politici, da Petrarca a Cola di Rienzo, dal Tasso a Stalin e Lenin, stabilendo una relazione continua tra l’ambito storico e artistico-letterario e il mondo scientifico della psicologia e della psichiatria che proprio in quegli anni compiva passi significativi. Alcuni titoli appaiono paradigmatici per comprendere l’interesse del suo approccio metodologico, che si esplicita appunto nella capacità di attingere alle “due culture”: “Chirurgia di guerra nel Tasso e in Virgilio”; “La pazzia di Aiace”; “La memoria visiva del cantore di Laura”; “I disturbo psichici di Lorenzo Perosi”. Merita inoltre attenzione il ciclo “Psichiatria nel mondo”, dedicata agli uomini politici e in particolare ai dittatori.

Tra questi Stefani pubblica “Il cervello di Lenin” e “Lo Stalin di Krushev”. Molto interessante è poi la produzione “divulgativa”: egli scrisse infatti su Tivoli ma anche sulla cultura vegetariana e sulla psicologia degli animali, trattando temi di grande attualità. 

Rinnovare la memoria di Stefano Stefani oggi, significa dunque mantenere vivo l’interesse per un intellettuale che ha affrontato le sue ricerche con una straordinaria capacità di “sconfinare” i paradigmi disciplinari, alla ricerca di territori nuovi e di nuove visioni del mondo. 

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Nell’intento di consolidarne il ruolo nella memoria collettiva di Tivoli, nell’aprile 2025 si è tenuto a Tivoli un convegno presso il Museo della Città – “Ricordo del prof. Stefano Stefani, tiburtino e pietra miliare nella neuropsichiatria italiana” promosso dall’AMCI (associazione medici cattolici italiani), in collaborazione con l’associazione Medico chirurgica di Tivoli e Val d’Aniene, il Rotary Clud Tivoli e Lions Club Tivoli Host, a cui hanno partecipato, oltre ai famigliari, studiosi di calibro internazionale.

Per concludere, si rimanda alla lettura degli interessanti contributi sul prof. Stefano Stefani a cura della professoressa Maria Antonietta Coccanari de’ Fornari, psichiatra, docente di Storia della Medicina e presidente AMCI della sezione di Tivoli.

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