Domani sera (19 dicembre) alle 18 per la prima volta dopo l’inizio della guerra di Gaza l’ambasciatrice di Palestina Abeer Odeh parteciperà ad un evento pubblico. Verrà a Tivoli, al Museo civico di Tivoli in piazza Campitelli.
E’ una iniziativa a cui ho lavorato a lungo e che non è stato facile organizzare – come si può facilmente capire – è un momento di riflessione che avviene nel mezzo ella cosiddetta Guerra di Gaza che ha provocato uno spaventoso numero di morti ed è forse la più grave cris nella regione degli ultimi decenni.
Abbiamo assistito con orrore ai crimini di Hamas che il 7 ottobre ha fatto un raid in territorio israeliano uccidendo donne, vecchi, bambini, neonati e chiunque si trovassero davanti, arrivando a uccidere e sequestrare anche poveri lavoratori stranieri che stavano lì per poter mandare qualche soldo alle famiglie.
Abbiamo assistito e stiamo assistendo in quella che in pochi giorni è diventata una rappresaglia e una punizione collettiva voluta dal governo ultra-nazionalista e di estrema destra guidato da Netanyahu, responsabile di crimini di guerra a ripetizione che sono stati denunciati con fermezza e coraggio dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres e da tutte le agenzie delle Nazioni Unite e dalle organizzazioni umanitarie.
Ora siamo ad un bivio: la guerra di Gaza può avere un epilogo tragico nel tentativo di Israele di provocare una nuova diaspora palestinese e di annettersi con la forza e la prepotenza le loro terre o che finalmente la comunità internazionale imponga il rispetto delle risoluzioni dell’Onu che prevedevano la formula dei ‘due popoli, due stati’ con Gerusalemme capitale di Israele e Gerusalemme est capitale dello stato di Palestina.
Ma ad oggi, per tantissimi motivi che non sto qui a ricordare, mentre Israele (ed è un bene) ha il suo stato, la Palestina (ed è un male) non ha niente.
Cosa vogliamo fare? Umiliare le legittime aspirazioni del popolo palestinese per andare incontro ad altri decenni di guerra o avere il coraggio di risolvere questa vicenda lungo la strada indicata a suo tempo dall’Onu?
Io e chi lavora e collabora con me non ci definiamo ‘filo’ qualcuno e qualcosa. Noi siamo filo-diritto internazionale e filo risoluzioni dell’Onu.
Per questo in questi giorni abbiamo lanciato la petizione online da inviare al Parlamento perché l’Italia come hanno fatto notti stati e perfino da molti anni la Santa Sede riconosca pienamente lo Stato di Palestina quale premessa necessaria per la pace in medio Oriente. Perché la pace passa solo attraverso la giustizia. La pace non può essere sottomissione e negazione dei diritti. Altrimenti non è pace ma deserto o anche premessa di una nuova guerra.
La mia idea, che man mano sarà sempre più chiara, è che Tivoli per la sua storia possa diventare una città della pace e del dialogo e la nostra iniziativa è il primo passo di un percorso che mi auguro lungo e fruttuoso ma che sarà possibile se saremo capaci di un lavoro comune, tuti insieme.
Sicuramente, in un secondo momento, sentiremo anche le voci di coloro che in Israele vogliono per primi una pace giusta e il trionfo del diritto internazionale che è poi il nostro sentiero. E parleremo di molto altro ancora costruendo percorsi, non solo spargendo parole al vento.
Questa iniziativa è stata possibile anche per il lavoro puntuale e generoso dell’Anpi di Tivoli e in particolare del suo presidente Gabriele Simonelli, che domani introdurrà l’incontro, che voglio ringraziare sottolineando come l’Anpi – ormai da anni al centro di una campagna di discredito – sia una parte importante del tessuto democratico che si ispira alla Costituzione. E anche in questo caso ha dimostrato una volta in più di esserlo.
Siamo all’inizio di un cammino. Con umiltà lo percorreremo con il coraggio di costruire e con la pretesa di non distruggere.
Ps: abbiamo provato a promuovere questa iniziativa attraverso Facebook che per tre volte ha rifiutato la nostra richiesta di inserzione arrivando perfino a minacciare sanzioni nella nostra pagina social. Questo mentre è un fiorire di fake news, di razzismo, di istigazione all’odio e alla violenza, di cospirazionisti e di negazionisti della scienza. A suo tempo parleremo anche di questo perché una democrazia non può essere schiava degli algoritmi e dei monopolisti.
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