Malavita e criminalità organizzata nelle curve di Milan e Inter: un nuovo problema sociale o vecchie connivenze?
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Malavita e criminalità organizzata nelle curve di Milan e Inter: un nuovo problema sociale o vecchie connivenze?

L’arresto di numerosi esponenti di spicco del mondo ultras dei due club milanesi fa emergere come per molti giovani emarginati, l’affiliazione ai gruppi ultrà rappresenti un’alternativa all’assenza di prospettive, un modo per sentirsi “importanti”.

Malavita e criminalità organizzata nelle curve di Milan e Inter: un nuovo problema sociale o vecchie connivenze?
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4 Novembre 2024 - 21.50 Culture


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di Gabriele BiscontiMarcello Cecconi

Anche il calcio, come accade per altri settori della nostra società, soprattutto economici, è sempre più infiltrato dalla criminalità organizzata. Non è una novità ma quanto emerge ultimamente, dalle indagini effettuate dalla Procura e dalla Guardia di Finanza di Milano sulle Curve Nord e Sud dello stadio Giuseppe Meazza, riporta con forza una realtà che spesso si tende a dimenticare. I reati contestati ai membri di spicco delle tifoserie dei due club del capoluogo lombardo sono di rilievo: associazione per delinquere, (in un caso aggravata dal metodo mafioso), infiltrazioni della ‘ndrangheta’ nei traffici, estorsioni e pestaggi.

Queste indagini rischiano di gettare ulteriore fango sul fantomatico “modello ultras”. Un modello che nato spontaneamente per organizzare le trasferte, creare coreografie, ideare striscioni e mettere in piedi le celebrazioni in caso di vittorie importanti, si sarebbe dovuto affidare solo ai finanziamenti dei tifosi, in particolare di quelli della “curva”, i più passionali. Ma i fatti che emergono continuano a smentire questa visione ammantata di purezza e mostrano, ancora una volta, come dietro la gestione emozionale del tifo organizzato risaltano interessi che esulano dal contesto sportivo in commistione imbarazzante con la malavita organizzata.

Un’attività malavitosa il cui frastuono non “si sente” ai piani alti delle società calcistiche che evidentemente non hanno capacità (o interesse) di smorzare. Lo dimostrano le numerose attività condotte in modo illecito dai “capi” ultras: dal traffico di stupefacenti al bagarinaggio fino all’infiltrazione nel mondo sempre più appetibile del merchandise dei club. Le sempre più frequenti aggressioni, le minacce e le intimidazioni contro le forze dell’ordine sono i campanelli d’allarme che da tempo risuonano ma che non allertano nemmeno la parte sana del tifo che pare ormai assuefatta a vedere lo stadio come lo specchio della società con tutte le sue distorsioni.

Tuttavia, è bene precisare che, per adesso, sotto la lente degli inquirenti non c’è alcun dirigente dei due club milanesi tanto che, come ha spiegato il Procuratore capo di Milano, Marcello Viola, le società figurano nell’inchiesta solo come “soggetti danneggiati” da quella che il Procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, ha definito “deriva criminale degli stadi italiani” e tentativi di “condizionamento mafioso della vita delle società calcistiche”.

Quello delle curve è diventato un vero e proprio problema sociale. Per molti giovani, infatti, il tifo organizzato è una via per sentirsi parte di un gruppo, per trovare un’identità e un senso di appartenenza, soprattutto in contesti di emarginazione o di disagio. Per molti di questi giovani, l’affiliazione ai gruppi ultrà rappresenta un’alternativa all’assenza di prospettive, un modo per sentirsi “importanti” in un contesto che altrimenti li ignora. La malavita nelle curve porta alla luce la questione di disuguaglianza sociale e su questo terreno fertile non è difficile costruire una rete di potere che sfrutta e manipola il senso di appartenenza dei giovani, trasformando lo stadio in una zona grigia dove il confine tra tifo e illegalità si fa sempre più sottile.

I club, spesso, hanno considerato la gestione delle curve come un problema di ordine pubblico, una responsabilità del Comune e delle forze di polizia, lasciando che la situazione degenerasse. D’altro canto, il Comune, pur consapevole dei problemi, ha raramente esercitato una pressione concreta per contrastare questi fenomeni, preferendo spesso adottare una politica di convivenza passiva.

Sarebbe l’ora di fare un po’ di “pulizia” per il bene dello sport che in moltissimi considerano il più bello del mondo, ma sono richieste misure radicali che coinvolgano tutti gli attori in gioco: club, Comune e forze di polizia. I club, in particolare, dovrebbero ripensare la loro gestione delle curve, smettendo di trattarle come “gruppi scomodi” da tollerare e iniziando a promuovere politiche di controllo più rigorose e trasparenti. Allo stesso tempo, il Comune di Milano dovrebbe rafforzare il controllo su San Siro, coinvolgendo maggiormente le istituzioni pubbliche nella gestione e nella sicurezza dello stadio perché i parcheggi, gli stand che vendono cibo, bevande e magliette davanti allo stadio sono attività che dovrebbero essere sotto il suo controllo.

Ma tutto ciò non sarebbe sufficiente se non accompagnato da un vero e proprio progetto culturale di rieducazione e sensibilizzazione, rivolto soprattutto ai giovani, sfruttando il potenziale dello sport e del tifo per creare legami sani e costruttivi. Solo attraverso questo processo che coinvolga istituzioni e club si potrà tentare di “strappare” il dominio delle curve dalle mani della criminalità.

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