di Lorenzo Lazzeri
La crisi demografica si fa drammatica anno dopo anno, senza che le istituzioni riescano in una progettualità e un’organizzazione orientate al futuro e al cambiamento. Ce lo conferma anche il Rapporto Istat 2025 ma le strategie adottate dagli attori politici per accaparrarsi i voti di una fascia di popolazione sempre più esigua negano la possibilità di miglioramento, perdendosi in “chiacchiere populiste” anziché concentrarsi sui veri bisogni dei cittadini.
Sono preoccupato da questa rotta intrapresa, con un timone ormai cementato nella retorica e imbrattato da un linguaggio che richiama più il detto latino “divide et impera” che quello, a mio parere necessario, “Concordia civium murus patriae”. Tutto ciò a sottolineare come l’unione e l’armonia tra cittadini possano costituire la vera forza e protezione dell’Italia, in chiara contrapposizione alla strategia politica della frammentazione.
Già in gioventù, percependo che anche la seconda Repubblica era fallimentare e gravata da scelte politico-strategiche insulse, presi una decisione che in seguito ho concretizzato: fare in modo che i miei figli divenissero cittadini del mondo, privi di legami che potessero tarpargli le ali e pronti a volare, imparando più lingue e facendo esperienza all’estero sin dalla più giovane età.
Sono preoccupato perché l’Italia, volendo richiamare il celebre film dei fratelli Coen “Non è un paese per vecchi”, è in realtà proprio il paese dei vecchi, secondo solo al Giappone. Un primato magnifico se non fosse che il nostro sistema previdenziale è molto differente da quello del Paese del Sol Levante, con le proiezioni a breve termine che delineano una situazione agghiacciante mostrando un ulteriore peggioramento della piramide demografica ormai da tempo invertita.
Al calo demografico interno si aggiunge poi la fuga dei giovani all’estero, che priva il Paese di forze fresche e talenti. Negli ultimi anni decine di migliaia di italiani, soprattutto under 40, hanno lasciato la penisola in cerca di opportunità altrove. Sono poco meno di 90 mila solo nel 2023, e i numeri sembrano puntare ai livelli pre-pandemia di quasi 130 mila all’anno.
A rendere ancor più paradossale la situazione italiana è la scarsa capacità di attingere a una risorsa preziosa rappresentata da milioni di italo-discendenti nel mondo. Di fatto, le recenti leggi introdotte hanno praticamente arrestato questo benefico ricongiungimento con la diaspora italiana, che ha disseminato all’estero intere generazioni di figli e nipoti di emigrati, molti dei quali mantengono un forte legame culturale con l’Italia. Si tratta spesso di giovani con entusiasmo e competenze, desiderosi di trasferirsi nel Paese dei loro avi per studiare, lavorare e costruirsi una vita, ricostituendo così quel tessuto sociale ormai in decadenza.
I dati dipingono un quadro da brivido, mostrando un Paese entrato in un circolo vizioso autodistruttivo che lo prepara al collasso. Immaginate una pentola piena d’acqua. Al suo interno una rana nuota tranquilla, ignara che la pentola si stia lentamente scaldando. La rana è felice, nuota nel tepore sempre più confortevole… ma il calore aumenta. Finalmente l’animale percepisce il pericolo, prova a saltare fuori, ma ormai le sue zampe non reagiscono più, indebolite dal calore. È in trappola e morirà, finalmente cosciente del suo errore.
Ecco che allora, visto che nessuno sembra interessarsi all’acqua che sta diventando troppo calda, sono contento di aver fornito gli strumenti almeno ai miei figli per fare due scelte: spegnere il fuoco o saltare fuori prima che sia troppo tardi.