Sarà un “cantiere didattico” a restaurare uno dei più importanti capolavori dell’arte trecentesca: la grande pala San Ludovico da Tolosa che incorona il fratello Roberto d’Angiò di Simone Martini, simbolo della Napoli angioina e vanto medievale del Museo e Real Bosco di Capodimonte. Dopo oltre sessantacinque anni, l’opera sarà sottoposta a un accurato intervento di manutenzione straordinaria, che si svolgerà direttamente nella sala del secondo piano dove è esposta e che si dovrebbe concludere entro sei mesi. Il restauro segna la prima collaborazione-quadro tra il museo guidato da Eike Schmidt e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
“Un restauro epocale – ha dichiarato Schmidt – sia per l’importanza dell’opera, il cui splendore affascina da sempre visitatori di Capodimonte, che per il suo significato nella storia della città, in particolare quella della fiorente Napoli angioina con la sua corte di mecenati nel cuore del Mediterraneo. Con emozione ricordiamo che nel 1966 fu Raffaello Causa a spostare l’ultima volta la grande pala dal muro per porla nella posizione attuale con un sostegno in ferro che la stacca lievemente dalla parete.”
Le operazioni di manutenzione interesseranno soprattutto il retro del dipinto, con uno studio della struttura lignea, interventi di chiusura delle fessurazioni e sconnessioni, ricostruzione di eventuali mancanze nella predella, oltre al necessario fissaggio della decorazione a gigli sul verso. Successivamente, si procederà al consolidamento della superficie policroma sul lato frontale.
Questa impresa, insieme all’Opificio delle Pietre dure, rientra in una collaborazione articolata per il restauro e lo studio di altri capolavori, tra cui le opere di Tiziano, Mantegna, Dosso Dossi, Polidoro da Caravaggio e Vivarini.
Gli storici concordano che il dipinto sia stato commissionato per rafforzare il prestigio della casa regnante nel 1317, anno in cui Ludovico, principe angioino figlio di Carlo II e Maria d’Ungheria, fu canonizzato. Morì nel 1297 e visse la sua vita nell’ordine francescano, rinunciando al trono in favore del fratello Roberto.
L’opera, alta oltre tre metri, è rivestita in foglia d’oro ed era originariamente decorata con gemme. Il santo vi è raffigurato in trono, in un saio francescano che contrasta le vesti episcopali, mentre incorona il fratello. Nella predella compaiono episodi della sua vita: i funerali a Brignoles e un suo miracolo post mortem. Non manca la firma del maestro senese: “Symon de Senis me pinxit” (Simone da Siena mi dipinse).
Il dipinto giunse nel Museo Nazionale di Napoli (oggi Mann) nel 1921, per poi essere trasferito nel Museo e Real Bosco di Capodimonte nel 1957. La sua collocazione originaria non è ancora chiara: si pensa sia la chiesa di San Lorenzo Maggiore a Napoli, dove si trovava tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, ma esistono anche ipotesi di una sua provenienza da Santa Chiara o dal Duomo.