Quando il Louvre rimase senza Monna Lisa
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Quando il Louvre rimase senza Monna Lisa

Non è il primo furto quello di ieri. Più di un secolo fa Vincenzo Peruggia, lavorava al museo e decise di mettere in atto quello che sarebbe diventato poi il furto più famoso del Novecento

Quando il Louvre rimase senza Monna Lisa
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20 Ottobre 2025 - 15.29 Culture


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Al Louvre, ieri mattina, è avvenuto un furto spettacolare. Un bottino “di un valore inestimabile”, come ha detto Laurent Nuñez, ministro dell’Interno francese. I ladri sono riusciti a penetrare all’interno della celebre galleria d’Apollon, portando via otto gioielli storici appartenenti alla collezione di Napoleone e dell’imperatrice. Il furto è avvenuto con un dinamica di altri tempo, riportandoci un po’ al passato, sempre al Louvre.

Il furto più celebre della storia dell’arte avvenne oltre un secolo fa. Ben prima della sparizione di alcune armature del XVI secolo nel 1983 (ritrovate nel 2011) o del furto del dipinto Le Chemin de Sèvres di Corot nel 1998, c’era stato Vincenzo Pietro Peruggia: l’unico uomo che per due anni poté ammirare da vicino il sorriso della Monna Lisa.

Semplice muratore, dopo un periodo a Lione col padre, si trasferì a Parigi nel 1907. Lì ottenne un lavoro al Louvre per sistemare cornici e vetri di protezione. Fu allora che vide la Gioconda e pensò “banalmente” di rubarla. All’alba del 21 agosto 1911, giorno di chiusura del museo, si nascose in una stanzetta. Alle 7 del mattino entrò nel Salon Carré, staccò la tela, la arrotolò e la infilò sotto la giacca. Uscì indisturbato, sebbene sbagliò persino mezzo pubblico per tornare a casa, e si giustificò al lavoro parlando di una sbronza.

Il giorno dopo fu panico. Inizialmente si pensò che l’opera fosse stata spostata per essere fotografata, ma ben presto emerse la realtà. La polizia setacciò tutta Parigi, promettendo pure una ricompensa di 25.000 franchi (circa 9 milioni di euro oggi). Anche Peruggia fu interrogato, come tutti coloro che lavoravano al museo, ma nessuno perquisì mai il suo modesto appartamento. Per gli investigatori doveva essere stata una banda specializzata di ladri d’arte. Persino Pablo Picasso e Guillaume Apollinaire furono interrogati.

Nel frattempo, Peruggia tornò in Italia e visse per due anni con la Monna Lisa. Si tradì rispondendo a un annuncio del collezionista fiorentino Alfredo Geri, che cercava opere da privati. Con lo pseudonimo “Monsieur Léonard V.”, gli propose di vendergli la Gioconda, a patto che restasse in Italia. Geri, sapendo del furto, organizzò un incontro l’11 dicembre 1913 con Giovanni Poggi, direttore della Regia Galleria. I due confermarono l’autenticità dell’opera. Il giorno dopo, i carabinieri arrestarono Peruggia in albergo.

Si difese dicendo di aver agito per patriottismo, convinto che Napoleone avesse rubato la Gioconda all’Italia. L’opinione pubblica lo considerava addirittura una sorta di eroe nazionale, ma la verità era ben diversa: Leonardo l’aveva iniziata tra il 1502 e il 1503 su commissione di Francesco del Giocondo a Firenze. Ma, da perfezionista qual era, continuò a lavorarci per anni, portandosela sempre dietro nei suoi spostamenti. Alla sua morte, l’opera entrò nel patrimonio privato reale e, dopo la rivoluzione, in quello pubblico. Napoleone ne fu solo un ammiratore che la volle con sé nella camera da letto di sua moglie, ma non la rubò mai.

Nonostante tutto, la condanna fu lieve. Se la cavò con un anno e 15 giorni di prigione, ridotti in appello a 7 mesi e 8 giorni. Liberato nel 1915, fu accolto da un gruppo di studenti universitari che gli donarono 4.500 lire. Dopo la restituzione, L’Italia ottenne di poter esporre l’opera prima alla Galleria degli Uffizi a Firenze e poi a Roma, all’Ambasciata di Francia e alla Galleria Borghese.

Peruggia partirà poi per la guerra, dove verrà catturato dagli austriaci a Caporetto, finendo in un campo di concentramento. Tornò in Francia solo nel 1921, sposato e con una nuova identità: Pietro Peruggia. Si stabilì alla periferia di Parigi, dove nel 1924 nacque la sua unica figlia, soprannominata affettuosamente “Giocondina”.

Morì l’8 ottobre 1925, stroncato da un infarto fulminante, nel giorno del suo compleanno. Aveva 44 anni.

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