A 650 anni dalla morte, Boccaccio è un autore ancora vivo
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A 650 anni dalla morte, Boccaccio è un autore ancora vivo

A 650 anni dalla sua morte, a Certaldo, lo celebriamo come un monumento della letteratura italiana. Ma lui era tutto tranne che statuario: fastidioso, mobile, ironico. Forse è per questo che oggi non sappiamo più leggerlo davvero.

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21 Dicembre 2025 - 18.34 Culture


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La vita di Giovanni Boccaccio attraversa i mutamenti sociali e culturali che segnano il tramonto del Medioevo. Nato da una relazione illegittima, figlio di un ricco mercante, prima di diventare lo scrittore che conosciamo fu egli stesso un commerciante. Questo gli permise di muoversi tra ambienti e classi sociali diverse, entrando in contatto con un’umanità varia e concreta, fatta di intelligenza pratica, astuzia, desiderio. È da questo sguardo, allenato nel mondo reale, che nasce la profondità dei suoi personaggi: non figure esemplari, ma individui riconoscibili.

Boccaccio ha dedicato alla sua epoca poemi, romanzi e novelle, ma lo ha fatto con un linguaggio che ha trasformato il volgare fiorentino in una lingua letteraria matura per la prosa, comprensibile anche a coloro che non appartenevano al pubblico intellettuale, così da poter parlare e infastidire una platea più vasta.

Non cercava consensi e non scriveva per soddisfare il lettore. Criticava con sottile ironia corti e nobiltà, descrivendo personaggi ambigui che rifiutavano i ruoli “morali” imposti. Ironizzava su religione, potere e convenzioni sociali. Questo gli causò problemi con la censura, eppure continuò a mostrare un mondo scabroso e vivido, senza mai essere accomodante.

Questa visione del mondo e il suo spirito libero si riflettono nelle opere che ha lasciato, come Il Ninfale fiesolano, un racconto pastorale leggero ma carico di ironia, dove esplora la natura umana e il piacere, mostrando un gioco linguistico tipico della sua scrittura. Oppure Teseida, un poema in versi che offre uno sguardo sulla società senza mai essere solenne. È importante però non confondere questa libertà con l’idea che Boccaccio si occupasse esclusivamente di lussuria.

Una delle sue opere più importanti, il Decameron, è stata purtroppo vittima delle nostre abituali rettifiche mascherate da adattamento audiovisivo. Viene dipinto erroneamente e quasi esclusivamente come un quadro di lussuria e libertà sessuale, trascurando i valori e i messaggi pensati dall’autore. Per “attualizzarlo”, come se fosse necessario, si è scelto di ignorare il diritto al racconto, al corpo e al riso: principi che non solo hanno ispirato grandi autori, ma hanno reso la sua scrittura un esempio di letteratura viva e stimolante, lontana dal mero sapere accademico.

Oggi Boccaccio ci infastidisce ancora, ma in modo diverso: non perché sia scandaloso, ma perché non ci lascia accontentarci di letture comode e rassicuranti. Il suo riso, la sua ironia, il modo in cui osserva il mondo senza filtri, ci costringe a confrontarci con l’umanità nella sua complessità. Forse non sappiamo più leggerlo davvero perché preferiamo storie che spiegano e consolano, mentre Boccaccio ci mostra solo ciò che è, e basta. In questo senso, leggerlo oggi è un esercizio di libertà e attenzione, un piccolo fastidio che fa bene.

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