di Giuliano Santoboni
È come se le due sentenze che da gennaio avevano fatto chiudere il Tmb di Guidonia non ci fossero mai state. Ben poco è durata la gioia dei cittadini, dei comitati e delle associazioni che con mille sacrifici erano riusciti a pagare gli avvocati per ricorrere contro le autorizzazioni regionali allo scarico dei rifiuti nell’impianto di Ambiente Guidonia, la società del gruppo Cerroni colpita da una interdittiva antimafia e commissariata dalla Prefettura.
Con il provvedimento firmato dal dirigente regionale per le procedure Aia Fernando Maria Leone e dal Direttore della Direzione Regionale sul Ciclo dei Rifiuti Wanda D’Ercole di fatto si sposta l’orologio indietro di almeno 3 mesi e vengono riattivate tutte le procedure che erano state cancellate con la sentenza che tutti credevano definitiva da parte del Consiglio di Stato sulla illegittimità dell’autorizzazione originale. Illegittimità che di fatto si era portata dietro a cascata tutti i provvedimenti emessi nei 15 anni successivi.
Con una sentenza incredibile e di certo originale da parte del Consiglio di Stato che di fatto ha rinnegato lo stesso Consiglio di Stato lo scorso primo aprile, si sono di fatto riaperte le porte del Tmb, con tante scuse alla società del Re della Monnezza Manlio Cerroni, a giudicare dalla fretta con la quale sono stati emessi gli atti.
Complice evidentemente anche la “paura” da parte della Regione di dover pagare le spese dei mancati guadagni dovuti alla chiusura, visto che la società, nel ricorso contro la cancellazione delle autorizzazioni all’esercizio dell’impianto, aveva puntato il dito accusatore proprio contro la Pisana, che aveva concesso anni addietro il permesso a realizzare il Tmb e quindi spendere soldi senza poter poi lavorare veramente.
La lunga lettera riepiloga tutti i passaggi di questa complicatissima vicenda e dà appuntamento a istituzioni e associazioni alla conferenza dei servizi per valutare la nuova autorizzazione a scaricare all’Inviolata centinaia di migliaia di tonnellate per almeno 10 anni.
Una condanna al territorio e al Parco dell’Inviolata.